Quello che segue avrebbe dovuto essere un romanzo. L’ho scritto quando avevo 15 anni (?) e l’ho lasciato lì. Non vi ho apportato nessuna modifica, perché lo voglio ricordare così com’era un tempo. Spero possa piacere anche a voi.
P.S No, non si tratta di anime, ma qui parlo di cose a 360°, quindi non rompetemi la minchia.
<<Sai meglio di me che non servirà a nulla, fratellone. Causerai solo trambusto tra gli umani e ti verrà un bel mal di testa. Beh, questo se non la perdi nell’impatto.>>
Selene squadrò Athan da capo a piedi con i suoi occhi color nocciola pieni di noia, la stessa che si prova nel vedere lo stesso film una decina di volte sapendo perfettamente come andrà a finire. Quella era la terza volta in un mese in cui suo fratello cercava di farla finita saltando da chissà quale palazzo. Il problema, però, tutte le volte, era lo stesso: essendo immortale, Athan non poteva morire o, almeno, non nel senso tradizionale del termine. Così, ogni volta che si buttava giù da qualche edificio toccava a Selene raccoglierne i pezzi, letteralmente. La parte difficile, però, veniva dopo: cosa inventarsi affinché una folla di umani spaventati non inizi a scatenare un putiferio mentre lei raccoglieva le parti di suo fratello? Cancellare la memoria di una massa così grande di persone era impensabile. Nessun immortale che lei conoscesse ne era capace. L’unica cosa che le venne in mente l’ultima volta era di raccontare che stessero girando un film e che le varie membra del corpo disseminate intorno facessero parte di un manichino molto realistico. Ma quella storia reggeva a stento e suo fratello non poteva continuare così. Per fortuna Athan aveva scelto un momento tranquillo della notte questa volta, ma Selene avrebbe comunque tentato di farlo uscire dalla porta sulle sue gambe, senza dover fare nessun salto nel vuoto.
Athan girò il capo e diede una veloce sbirciata alle sue spalle. Aveva riconosciuto la sorella già prima che varcasse la porta attraverso il suo olfatto sviluppato, ma aveva bisogno di guardarla negli occhi per capire cose stesse pensando.
<<Che ne dici di farti gli affari tuoi, sorella? E non chiamarmi fratellone.>>
Athan fece avanti e indietro sul bordo del tetto. Le sue scarpe di pelle nera scricchiolavano al contatto col cemento freddo, il suo corpo immenso era avvolto da un cappotto scuro, aperto sul davanti. Il vento frustava il suo viso ambrato e i capelli neri fluttuavano nell’aria con una grazia divina. Sotto di lui c’erano auto, persone e diverse centinaia di metri di vuoto. Era decisamente un bel salto.
Selene gli si avvicinò lentamente. Il vento scompigliò i suoi capelli rosso ciliegia e ogni tentativo di sistemarli era invano. Il vento in quel periodo non era cosa insolita, soprattutto nella zona in cui si ergeva l’edificio. Si schiarì la voce.
<<Credi che punendoti la riporterai indietro in qualche modo? Lei è morta, Athan, e tu dovresti andare avanti con la tua vita.>>
<<La mia vita?!>> sbottò Athan. Saltò giù dalla cornice e si avvicinò alla sorella con una velocità di cui solo gli immortali erano in grado. I polmoni gli si riempirono d’aria, il suo busto divenne ancor più grande, il cappotto urlò di dolore sotto tutta quella tensione. Le loro labbra erano talmente vicine da potersi quasi toccare.
<<Io non ho più una vita. Esisto ancora solo perché non posso uccidermi. Io non sono più niente senza di lei.>>
Selene indietreggiò di alcuni passi. Nonostante tutti gli anni che avevano condiviso come fratello e sorella, il potente odore di menta misto a mela verde le fece venire i crampi allo stomaco e diversi ricordi di un passato che credeva di aver seppellito per sempre le tornarono in mente. Spostò il suo sguardo sul bordo irregolare del cerchio bianco ardente nel cielo. La luna era particolarmente visibile da quel palazzo. Le nuvole erano poche e sparpagliate. L’intera scena aveva un ché di malinconico. Milla, la compagna di Athan, morì diversi secoli fa’ per mano di un vampiro. Lei era a casa tra i fornelli come ogni sabato sera. Lui era in missione con altri compagni immortali. Dovevano colpire un covo di vampiri che si era da poco radunato in città diminuendo la popolazione umana di troppe unità per lasciar correre. Avevano colpito molte case di umani indifesi che pensavano ai vampiri come bellissimi uomini scintillanti. Niente di più lontano dalla verità: i vampiri erano demoni rabbiosi servitori del male. Il loro unico scopo era abbeverarsi di chiunque capitasse a tiro.
Quella notte, quando Athan e i suoi compagni colpirono il covo, massacrandone la maggior parte, uno riuscì a fuggire. Solo quando tornò a casa dalla sua amata, però, se ne rese conto. Il vampiro era affamato perché aveva speso tutte le sue energie a scappare dal luogo del massacro, e si era fermato in diverse abitazioni. Tra di esse c’era anche quella di Milla. Del suo corpo rimase ben poco. Gli occhi spalancati, vuoti. Le mani strette a formare un piccolo pugno. La bocca solo una smorfia innaturale.
Il vampiro doveva essere uscito da poco perché Athan ne sentiva ancora la puzza. Mille lacrime gli rigavano il viso mentre correva come un treno al suo inseguimento, ma invano. Il demone in qualche modo scomparse nel nulla. Athan passò secoli interi alla sua ricerca, ma a chiunque chiedesse informazioni, la risposta era sempre la stessa: nessuno ha visto o sentito niente. Giurò a se stesso di liberare il pianeta da quelle creature immonde e in quei secoli non fece altro.
Selene posò i suoi occhi scuri sulle iridi grigie di Athan, lasciando cadere una lacrima sulle sue guance diafane.
<<Non è colpa tua se è morta.>>
Respirò a fondo prima di poter proseguire.
<<Non ha voluto diventare immortale.>>
<<Non l’ha fatto perché mi amava!>> gridò Athan.
<<Non voleva rischiare di perdermi e io non potevo obbligarla!>>
I suoi muscoli si tesero, le pupille si dilatarono. Odiava toccare quell’argomento. Si precipitò sul ciglio del tetto, pronto a buttarsi, ma Selene lo tenne per un braccio.
<<Non baderò a Blaze mentre tu fai una delle tue stronzate. Credi che quel husky riuscirà a nutrirsi da solo in quella fogna che chiami casa? Sono stanca di doverti sistemare le ossa ogni volta sperando che tu ti rimetta in sesto e non perda di nuovo la testa.>>
Athan smise di opporre resistenza e la mano di Selene lo lasciò andare. Si sedette pensieroso, con i piedi che penzolavano nel vuoto. Anche dopo secoli di continuo sterminio di vampiri il suo senso di colpa martellava incessante come il giorno della tragedia. Tutto il dolore che provava l’aveva portato a considerare, o meglio, ad attuare l’idea di uccidersi, per smettere di soffrire. Ma sua sorella aveva ragione, non poteva ancora farla finita. Non tanto per Blaze, l’husky che l’accompagnava da diversi decenni ormai, ma perché doveva ancora uccidere il bastardo che ha dissanguato la sua compagna. Quello stronzo era ancora là fuori, nascosto in qualche buco di questo pianeta.
Lacrime di rabbia gli uscirono dagli occhi quando realizzò quanto si fosse comportato da codardo.
Sulle sue labbra si increspò un sorriso.
<<Sai che ti dico? Hai ragione.>>
Scese giù e andò ad abbracciare la sorella. Nonostante fosse una rompiscatole patentata, era anche l’unica persona a questo mondo capace di volergli ancora bene nonostante tutto quello che avesse combinato in quei secoli. Rimasero abbracciati per alcuni lunghi secondi.
<<Mi stai strozzando.>> Disse infine la sorella, battendo la mano contro la spalla possente del fratello.
S. rimase sorpresa da quel gesto. Suo fratello non era noto per la sua capacità di mostrare affetto, ma più per la velocità con cui era capace di uccidere qualsiasi creatura vivente.
Lo lasciò andare alcuni secondi per guardarlo in faccia. Su di essa si era dipinta un’espressione insolitamente tranquilla. I suoi occhi color cenere emanavano una luce impressionante. Le sue pupille si chiusero e riprese ad abbracciare suo fratello più forte, fino a quando un crack non risuonò nella notte, ma Athan non diede la minima importanza a quella piccola ferita ma anzi, iniziò a ridere di gusto. La sua risata contagio anche S, che si asciugò un’ultima lacrima rimasta impigliata nelle sue folte ciglia, mentre seguiva suo fratello verso la porta che li avrebbe riportati al piano terra.